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I tre punti del lunedì #23

Aggiornamento: 22 apr

1. Dal Genoa al Genoa è cambiato tutto


Ma te la ricordi Genoa-Fiorentina 1-4? Pare una vita fa. In effetti forse lo è. Era il match d'esordio stagionale, la Viola brillò per gioco e per efficienza realizzativa, Biraghi per un attimo ci parve Roberto Carlos, Kayode faceva la sua prima ufficiale e si riscopriva l'armonia di un centrocampo votato al palleggio. Certo, da lì a pochi giorni ci sarebbe stata la gaffe di Vienna contro il Rapid e il primo (nonché meno grave) scivolone contro il Lecce, ma nel complesso e pur tenendo conto dei suoi limiti intrinsechi la Fiorentina faceva ben sperare. Così è stato fino a dicembre 2023, poi è iniziato l'anno nuovo e arrivederci e grazie.


Genoa, sempre tu. Quel Genoa titolare nel vano oggetto del desiderio invernale, proprio quel Guðmundsson (oggi a quota 14 gol e 4 assist tra campionato e Coppa Italia) che con enorme ritardo cercammo per puntellare una rosa oramai fuori giri. Forse non avremmo ben saputo nemmeno come impiegarlo, forse anche lui sarebbe stato antitetico al credo dell'allenatore, ma tant'è. L'islandese non è arrivato, Brekalo e Mina sono stati - giustamente - silurati, e dal quarto posto di capodanno ora siamo come siamo.





Dovremmo ripartire dal Genoa? Il calendario, nonostante tutto, dice ancora di sì, per quanto la classifica sia tutt'altro che sorridente. Perché tanti avversari alla portata ci aspettano e perché le coppe sono ancora lì, tutte da giocare. L'umore è orientato diversamente, almeno il mio. La trasferta di Plzen se possibile ha abbassato ulteriormente la fiducia verso un gruppo che in questo 2024 ha offerto solo squilli isolati. Ma sarebbe davvero rinfrancante venir smentiti qualche volte nelle sensazioni.


2. Alberto Gilardino e il suo Genoa (preview tattica)


Intanto puntualizziamo una cosa importante: Gilardino è stato uno dei migliori centravanti italiani degli ultimi trent'anni e uno dei migliori visti a Firenze nello stesso periodo. La cosa ora non è rilevante ma ci tenevo a precisarla.

Venendo alle sue qualità di allenatore, visto le voci su un suo futuro al posto di Italiano (anche se non è in pole position): allenatore pragmatico, che in questo anno e mezzo al Grifone è stato lucido nell'individuare gli elementi-chiave a disposizione e di conseguenza nel "liberarne il talento": non è una cosa da poco, sia considerando il rendimento del giocatore sia tenendo conto di quanto è importante, nel lavoro di un allenatore, dar modo ai propri giocatori di esprimersi al massimo.


Lo scotto da pagare per questo è che quasi tutto nel Genoa passa da Guðmundsson, unico fattore di varianza in uno scacchiere tattico definito e anche piuttosto rigido. I rossoblù sono una squadra relativamente conservativa, che difende con tanti uomini pur cercando sempre di rimanere aggressiva e non abbassarsi troppo, e che cerca molto più le transizioni e le verticalizzazioni piuttosto che articolate fasi di sviluppo. La capacità dell'islandese di trovare o meno i giusti spazi, e riuscire a ricevere garantendo l'uscita dalla nostra pressione, sarà probabilmente la chiave del match. Occhio alla presenza di Retegui in area di rigore.


3. Le nuove cariche societarie


Alessandro Ferrari, già responsabile della comunicazione, è il nuovo direttore generale della Fiorentina. Per lui è il primo incarico di tale livello nel calcio. Al contempo, saranno come annunciato ampliati gli ambiti operativi del ds Pradé.

Che dire, in bocca al lupo. Nel bene o nel male, i due dirigenti già "in famiglia" finora avevano la responsabilità dei due ambiti probabilmente più critici della gestione viola recente: costruzione della squadra e comunicazione. Barone, a suo modo, in questi anni ha fatto da parafulmine per entrambi, oltre che da longa manus presidenziale. Ora dovranno camminare da soli. Forse si capirà quanto effettivamente per loro abbia pesato l'interventismo gestionale di Commisso, o quanto piuttosto certi errori del passato siano dipesi proprio da questo duo, da tempo particolarmente vicino a Barone nel suo lavoro quotidiano.


Era difficile pensare ad aprile un cambio radicale nei quadri dirigenziali, e tuttavia il fatto che la Fiorentina fosse a tutti gli effetti alla fine di un ciclo - quello di Italiano - poteva anche far immaginare un rimescolamento di compiti e responsabilità nei vertici societari. Non è stato così. Vedremo.






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